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Domande e risposte più frequenti sulle zanzare

Perché le zanzare ronzano?

Il tipico ronzio che le zanzare emettono quando volano è provocato dal velocissimo movimento delle ali, pari a varie centinaia di battiti al secondo. Dalla frequenza del battito dipende la frequenza del suono e questo è caratteristico di ciascuna specie di zanzara, tant’è che serve al riconoscimento del partner prima dell'accoppiamento.

Perché ci ronzano nelle orecchie? 

Tra le caratteristiche più fastidiose di molte specie di zanzare c'è quella di ronzare proprio vicino alle nostre orecchie. O almeno così ci sembra. In realtà, poiché le zanzare sono generalmente attratte dall'anidride carbonica che noi emettiamo principalmente da naso e bocca, le zanzare sono attirate, soprattutto quando siamo coricati, verso la nostra testa.

Perché le zanzare pungono?

Le zanzare pungono per nutrirsi o, per meglio dire, per ottenere un pasto ricco di proteine, indispensabili per produrre il gran numero di uova che devono maturare. Sono quindi solo le femmine a pungere. Maschi e femmine ottengono invece gli zuccheri necessari a produrre energia per il volo da succhi ed essudati vegetali, come ad esempio il nettare dei fiori.

Perché la puntura di una zanzara provoca prurito?

Perché quando una zanzara punge, inietta un po' di saliva e questa contiene delle sostanze irritanti che provocano il rilascio di istamina. L'istamina fa dilatare i capillari circostanti, ottenendo un maggior apporto di sangue nell'area, ma al contempo rende la stessa pruriginosa. La saliva iniettata, inoltre, contiene delle sostanze che impediscono la formazione di coaguli e dei diluenti che rendono più facile la suzione.

Perché pungono proprio me? 

Alcune persone affermano che quando c'è anche solo una zanzara, questa punga proprio loro. Altre invece sostengono di non venir mai punti. Anche se in parte queste affermazioni dipendono più dal grado di reazione alla “puntura” che da una reale preferenza o avversione della propria pelle alle zanzare (chi è molto sensibile si accorge anche di una sola puntura, mentre chi le tollera bene, può anche non accorgersene) esistono effettivamente dei fattori attrattivi differentemente distribuiti tra la popolazione. Questi dipendono dalla quantità di anidride carbonica emessa (che a sua volta dipende dalla massa corporea, dall'attività fisica ecc.), dall'acido lattico prodotto dai muscoli, dall'alimentazione, da quel che si è bevuto, da come ci si veste (colori chiari, meno attrattivi, o colori scuri), dalla composizione del sudore, dalla produzione di ormoni, dalla fauna microbica presente sulla cute e, a quanto pare, anche dal gruppo sanguigno. Quindi sia per motivi genetici che comportamentali. Ma mai per la “dolcezza” del proprio sangue!

Quanto vive una zanzara?

Dipende dalla specie e dai fattori ambientali, ma in condizioni ottimali una zanzara femmina adulta può vivere anche un mese (gli individui svernanti ovviamente molto di più, ma lo fanno in diapausa ovarica). In questo lasso di tempo arrivano a deporre alcune centinaia di uova (il numero dipende della specie) in 3-5 cicli, detti gonotrofici. La durata di questi ultimi è molto importante in quanto determina o meno la possibilità di trasmissione dei patogeni eventualmente assunti nel pasto precedente.

Le zanzare ci sono in tutto il mondo?

A differenza di quanto si possa credere, le zanzare non si trovano in tutto il mondo abitato. Sono ad esempio del tutto assenti in Islanda e nelle isole Faroe oltre che in Antartide. Alcuni ritengono che ciò sia dovuto alle basse temperature, poiché i loro habitat naturali sono rappresentati da zone dove l'acqua tende a ristagnare senza congelare. Ma in altre aree altrettanto fredde, come la Siberia, le zanzare sono un vero flagello, pur limitato alla breve estate artica. Pertanto la loro assenza in Islanda e in altre regioni del globo dipenderebbe dalla chimica della terra (l'Islanda ha un'origine vulcanica particolare) e quindi dell'acqua che vi scorre e vi ristagna. Per l'Antartide vi sono molti altri limiti come la limitata presenza di acqua liquida, di nutrienti e di potenziali ospiti da pungere.

A che distanza possono volare le zanzare?

Dipende soprattutto dalla specie, ma anche dalle condizioni ambientali e meteo-climatiche. Vi sono specie che hanno limitate capacità di spostamento, come la zanzara tigre, che di solito non si può trovare ad oltre un paio di centina di metri da dove è nata. La sua capacità di spostamento è fortemente condizionata dalla presenza di vegetazione che può creare dei veri e propri corridoi preferenziali per la sua diffusione. Anche la zanzara comune si sposta per poche centinaia di metri. Un po' di più (1-2 km) fanno, sempre tra le zanzare nostrane, Culex modestus, nonostante l'esile struttura, e Anopheles maculipennis. Spostamenti record, pari a decine di chilometri, sono invece quelli che possono effettuare altre zanzare come Aedes vexans e Ochlerotatus caspius. La distanza percorsa dipende molto dalle condizioni di temperatura e umidità che si trovano nelle ore di picco dell'attività e dalla dimensione della popolazione. Ae. vexans, ad esempio, in alcuni Paesi europei con dense popolazioni è stata trovata a 30 km, mentre in Piemonte quasi mai a più di un paio di chilometri dai suoi limitati focolai di sviluppo. Al contrario, Oc. caspius, che forma immense popolazioni estive nelle vaste aree risicole del nord Italia è stata trovata, in anni climaticamente favorevoli al suo spostamento, anche a 50 km dalla risaia più vicina.

Quanto alto volano le zanzare?

Anche in questo caso dipende dalla specie e dalle condizioni ambientali  e climatiche. Alcune specie tendono a volare quasi raso terra (es. zanzara tigre), ma in casi particolari (vento, vegetazione ecc.) si possono trovare ad alcune decine di metri dal suolo. Altre, tipicamente quelle che si nutrono anche o esclusivamente sugli uccelli, tendono a volare più in alto per arrivare ai nidi. Per quanto riguarda la quota sul livello del mare, si trovano specie di zanzare anche oltre i 2.800 metri, ma ciò non vuol dire che abbiano volato fin là da quote più basse. Semplicemente, anche a quote elevate esistono raccolte d'acqua in grado di permettere lo sviluppo di tali specie.

Dove trascorrono l'inverno le zanzare?

L'inverno è una stagione difficile per tutti gli animali, a maggior ragione per quelli privi di sistemi di termoregolazione come gli insetti. Essi devono utilizzare delle strategie particolari per poter superare indenni la stagione fredda. Le zanzare non fanno eccezione. Non tutte le specie di zanzara affrontano però l'inverno nello stesso modo. In un primo gruppo di specie a sopravvivere sono solo le uova. Si tratta ovviamente di quelle zanzare che non depongono le uova direttamente in acqua, ma su substrati solidi destinati a essere sommersi con il disgelo o le piogge primaverili. Appartengono a questo gruppo molte zanzare silvicole, la zanzara tigre e la zanzara di risaia. Le specie che depongono in acqua hanno invece trovato un'altra strategia. Sono le femmine a superare l'inverno e lo fanno in uno stato cosiddetto di diapausa ovarica. A fine stagione le femmine smettono di riprodursi e iniziano ad accumulare dei corpi grassi nel loro addome, in modo da avere scorte sufficienti a superare i mesi più freddi e poter tornare a produrre uova con l'arrivo della primavera. Poi si cercano un luogo riparato, come una grotta o una cantina e vi si sistemano senza entrare in un vero e proprio letargo. Troviamo in questo gruppo sia la zanzara comune sia le anofeli. Più rare sono le specie che affrontano il freddo sotto forma di larve che, essendo acquatiche, rischierebbero di finire congelate. Sì tratta per lo più di specie che colonizzano i cavi degli alberi, dove la grande quantità di sostanze disciolte in acqua di solito evita il congelamento, almeno degli strati più profondi. Le larve smettono di nutrirsi e di accrescersi riducendo al minimo il loro metabolismo e la conseguente necessità di ossigeno. Alcune specie, quando forniamo loro l'opportunità di farlo, riescono però a riprodursi, e quindi pungere, anche in pieno inverno: basta un luogo caldo e la giusta quantità di acqua stagnante, cose che spesso l'attività umana mette loro involontariamente a disposizione.

Perché la zanzara è considerata l'animale più pericoloso del mondo? 

Se si considerano le cause dirette e indirette di morte nei confronti della specie umana, la zanzara (intesa come insieme di tutte le specie, ma basterebbero quelle più “letali”, che alla fine sono una decina) sono assai più pericolose di squali (che mediamente causano meno di 10 morti l'anno), lupi (circa 10 morti/anno), meduse (circa 40 morti/anno), tigri (circa 50 morti/anno), api (circa 60 morti/anno), leoni (circa 100 morti/anno), elefanti (circa 100 morti/anno), ippopotami (circa 500 morti/anno), coccodrilli (circa 1.000 morti/anno), tenie (circa 1.600 morti/anno), Ascaris lumbricoides (parassita intestinale, circa 2.700 morti/anno), mosca tze-tze (con la malattia del sonno, circa 3.500 morti/anno), scorpioni (circa 3.500 morti/anno), lumache d'acqua dolce (con la trasmissione della schistosomiasi, circa 4.400 morti/anno), cimici triatomine ematofaghe (con il morbo di Chagas, circa 8.000 morti/anno), cani (con la rabbia e, minimamente, con attacchi diretti, circa 17.400 morti/anno), flebotomi (con leishmaniosi ed altre malattie, circa 24.000 morti/anno), serpenti (circa 60.000 morti/anno) e persino degli stessi esseri umani (circa 580.000 morti/anno, in questo caso considerando solo omicidi e guerre e non le morti indirette, come quelle per l'inquinamento). Tra malaria, febbre gialla, dengue e altre malattie trasmesse dalle zanzare, si possono invece stimare almeno 830.000 decessi l'anno (Bill Gates notes - 2015). Nel 2020, ci sono stati ben 241 milioni di casi di malaria nel mondo, inclusi 627.000 decessi. La malaria rimane, in assoluto, il più grande killer di bambini sotto i cinque anni (stime dell'OMS).

WDA Mosquitos 2015

Quante specie di zanzare esistono? (rivista nel 2023)

Il concetto di specie è alquanto aleatorio e pertanto il numero di specie è in continua variazione anche quando non se ne scoprono di nuove, ma per semplice "revisione sistematica". Attualmente, sono riconosciute più di 3.720 specie di zanzara in tutto il mondo. In Italia ne vivono stabilmente poco più di 60. Non tutte, per fortuna, pungono l'uomo.

Quali specie di zanzara ci sono in Piemonte?

In Piemonte ci sono molte specie di zanzara. Non tutte hanno però un interesse pratico, in quanto alcune sono poco diffuse, mentre altre non pungono l'uomo e gli animali domestici. Quelle più importanti per la loro aggressività, abbondanza e diffusione sono Aedes albopictus (la zanzara tigre), Ochlerotatus caspius (che si sviluppa principalmente nelle risaie, ma poi è in grado di colonizzare ampie aree circostanti) e Culex pipiens (la zanzara comune). Localmente, anche altre zanzare assumono una certa importanza, come Culex modestus (nelle zone di risaia), Aedes vexans (nelle zone con prati irrigui e marcite), Ochlerotatus cantans (nelle aree perilacustri dei mareschi) e Ochlerotatus geniculatus (nelle aree boscate). Le ultime arrivate in Piemonte sono Aedes japonicus o zanzara giapponese (nel 2019) e Aedes koreicus o zanzara coreana (nel 2021), entrambe specie di origine asiatica, simili alla zanzara tigre e come lei introdotte in Europa tramite i commerci intercontinentali.

Quali malattie possono trasmettere le zanzare?

Durante il pasto di sangue sull'uomo o su altri animali, le zanzare possono trasmettere i patogeni eventualmente contenuti nella loro saliva. La maggior parte delle malattie trasmissibili dalle zanzare sono assenti in Italia, o perché debellate (malaria) o perché mai introdotte. Alcune sono però presenti in maniera più o meno stabile. La malattia trasmessa dalle zanzare più diffusa in Italia è la filariosi canina, che però è di prevalente interesse veterinario. In molte regioni italiane è comparso da qualche anno il virus della West Nile, verosimilmente introdotto dagli uccelli migratori, che può colpire anche molti mammiferi, tra i quali l'uomo e il cavallo sono quelli che possono più facilmente sviluppare una malattia anche grave. Vi sono poi malattie che si possono contrarre da zanzare infette durante viaggi in paese tropicali o sub-tropicali, come malaria, dengue, febbre gialla e chikungunya, ma che raramente si diffondono in Italia in seguito all'introduzione accidentale del patogeno che le causa presente nel sangue di un viaggiatore.

Nello specifico, quali malattie possono trasmettere le zanzare ai nostri animali domestici?

In generale le zanzare non sono pericolose per gli animali domestici, sebbene alte densità d’insetti possano arrecar loro disagi anche gravi.
Questo vale soprattutto per gli animali da allevamento, in particolare se stabulati all’aperto o in contesti rurali arretrati.
Per gli animali di affezione che vivono all’interno delle nostre case i pericoli sono invece trascurabili, ma è bene sapere che quando li portiamo fuori o le nostre case sono abitualmente visitate dalle zanzare, insieme alle punture possono talvolta arrivare delle malattie. Molte specie di zanzare presenti nella nostra regione sono infatti ottimi vettori di filarie, dei piccoli nematodi che provocano la filariosi cardiopolmonare del cane.
Questa malattia, tradizionalmente diffusa in tutta la Pianura Padana, nelle fasce pedemontane, in Toscana ed in Sardegna, si è recentemente estesa sia in direzione nord, interessando il Canton Ticino, sia in direzione sud, raggiungendo Umbria, Marche, Abruzzo, Puglia, Lazio e anche alcune aree della Sicilia e della Campania.
Nelle zone dove esiste un rischio di trasmissione è consigliabile svolgere dei controlli annuali, basati sul semplice esame di uno striscio di sangue per evidenziare l'eventuale presenza di microfilarie. Queste possono essere efficacemente contrastate con farmaci che ne impediscono lo sviluppo.
Nelle zone endemiche o dove vi siano molte zanzare, è utile sottoporre l'animale a profilassi, indipendentemente dal test, per tutto il periodo di presenza del vettore (da aprile-maggio fino a settembre-ottobre, a seconda delle zone e della stagione).
Il gatto, un tempo ritenuto immune, può anch’esso essere infestato dalla filaria, ma pare meno sensibile e, quindi, meno a rischio di complicazioni.

Quali sono i rischi sanitari connessi alla presenza della zanzara tigre?

Sebbene in Italia, così come in tutti i Paesi in cui è presente, la zanzara tigre sia considerata principalmente una grave fonte di fastidio, l’attività ematofaga della femmina, cioè la sua attitudine a pungere, può anche rappresentare un serio problema sanitario per l’uomo. Questa specie risulta essere abile come vettore biologico nel trasmettere diverse infezioni virali, tra le quali alcune molto gravi, come quelle provocate dai virus dengue (DENV), chikungunya (CHIKV) e febbre gialla (YFV), tutti patogeni che non sono stabilmente presenti in Italia ma che possono essere introdotti da viaggiatori che li hanno contratti in Paesi in cui sono endemici. Se questi virus vengono introdotti in aree con un’elevata densità di zanzara tigre, possono poi diffondersi tra la popolazione locale, rappresentando una reale minaccia sanitaria per la salute umana. Infatti, per la prima volta in Europa, Ae. Albopictus è stata responsabile di un’epidemia di CHIKV in Emilia Romagna nel 2007, durante la quale sono state contagiate circa 250 persone e di trasmissioni localizzate di DENV in Francia meridionale e in Croazia nel 2010 e successivamente nel 2014, sempre in Francia meridionale. Nel 2017 si sono poi verificati altri due focolai di CHIKV, uno in Francia meridionale, con 4 casi autoctoni, e uno molto più consistente in Italia, tra Anzio e Roma (e un altro focolaio secondario, derivato da quello di Anzio, in una piccola località ionica della Calabria), che ha determinato 298 casi autoctoni accertati. Inoltre, a fine agosto 2020, questa specie è stata implicata per la prima volta in Italia, in un focolaio epidemico di DENV in Veneto, con 11 casi autoctoni.

Quali sono i rischi sanitari connessi alla presenza della zanzara comune?

Fino alla fine del XX secolo, la presenza della zanzara comune rappresentava una mera questione di molestia, principalmente dovuta al ronzio che disturbava i sonni più leggeri di malcapitati turisti e abitanti delle aree maggiormente infestate. Da quando invece ha iniziato a diffondersi anche in Italia il virus della Febbre del Nilo Occidentale, meglio noto come West Nile virus (WNV), anche la zanzara comune è entrata di buon diritto tra le specie d’interesse sanitario. Per la verità, già prima dell’introduzione del WNV, la zanzara comune era nota come vettore di filarie in tutta la Pianura Padana (e non solo), ma si trattava di un problema limitato all’ambito veterinario. Il WNV è un patogeno degli uccelli, di origine africana, verosimilmente introdotto in Europa dalle specie migratorie. Si è poi diffuso tra le specie stanziali per mezzo di zanzare “ornitofile” (che si nutrono del sangue degli uccelli). Alcune popolazioni di zanzara comune hanno però abitudini alimentari meno specializzate e possono nutrirsi tanto sugli uccelli quanto sui mammiferi, trasmettendo loro il WNV. Molti mammiferi, una volta infettati non si ammalano, mentre altri, sebbene in rari casi, possono sviluppare dei sintomi che variano da una semplice e innocua febbre a problemi neurologici anche gravi. Tra questi mammiferi si annoverano il cavallo e l’uomo, nel quale meno del 1% delle infezioni (per lo più soggetti anziani o immunodepressi) evolve in una grave sintomatologia neurologica. Mentre per il cavallo esistono dei vaccini, per l’uomo non esiste una terapia specifica né una vaccinazione e la terapia è unicamente di supporto. Diventa quindi fondamentale la prevenzione dell’infezione, che consiste nel proteggersi dalle punture delle zanzare (utilizzando le zanzariere a porte e finestre e usando repellenti e abiti coprenti quando si esce dopo il tramonto) ed evitare che queste possano riprodursi facilmente (cercando ed eliminando i ristagni d’acqua intorno a casa).

Quali sono i rischi sanitari connessi alla presenza della zanzara coreana?

Sebbene molti aspetti ecologici di questa specie siano ancora da approfondire, è noto che Aedes koreicus si adatta bene all’ambiente rurale e urbano, punge l’uomo di giorno e mostra una maggiore tolleranza alle basse temperature rispetto alla zanzara tigre. La capacità di trasmettere agenti patogeni in questa specie è ancora argomento di studio, tuttavia ne è noto il ruolo di vettore del virus dell’encefalite giapponese e del nematode Dirofilaria immitis (agente della filariosi del cane); recentemente è stata riconosciuta come un vettore poco efficace del virus chikungunya, mentre per quanto riguarda il virus dengue, gli studi in merito sono ancora in corso.

Quali sono i rischi sanitari connessi alla presenza della zanzara giapponese?

Aedes japonicus è una specie in grado di tollerare le basse temperature; infatti l'espansione verso sud nel nostro Paese sembra per adesso essere limitata dalla temperatura media più elevata che invece risulta favorire alte densità di Ae. albopictus. Dal punto di vista sanitario, la specie risulta un buon vettore del virus West Nile, ma solo in quelle aree in cui è presente ad alte densità.

Come si combattono le zanzare?

Poiché le zanzare sono sempre state tra gli organismi più molesti e pericolosi per l'uomo, nel corso dei secoli sono state sviluppate molte tecniche per contrastarne lo sviluppo. Al fine di ottenere dei buoni risultati, un piano di lotta alle zanzare deve saper integrare più tecniche, prediligendo la prevenzione e la lotta larvicida, ma talvolta ricorrendo anche a quella adulticida, o alla protezione individuale. Per pianificare la migliore strategia si devono prendere in considerazione le esigenze ecologiche delle specie target e la loro integrazione con l'ambiente, ma deve anche fare i conti con la realtà socio-economica contingente. E' perciò necessario studiare accuratamente il territorio, conoscere i migliori metodi applicabili, avere delle buone norme e un budget adeguato.

Esiste uno strumento legislativo per il contrasto alle infestazioni da zanzare?

, nel 1995 la Regione Piemonte si è dotata, con la Legge Regionale 75 (L.R.75/95), di uno strumento che definisce rigorosamente le linee guida per azioni di lotta ad impatto minimo, attraverso un cofinanziamento agli Enti proponenti progetti di lotta integrata alle zanzare.

Come si distingue la zanzara tigre dalle altre zanzare?

Generalmente la zanzara tigre ha dimensioni comprese tra i 4 e i 10 millimetri, mediamente più piccole di quelle della zanzara comune e decisamente inferiori a quelle della zanzara di risaia o di molte anofeli. Il suo corpo è nero con macchie e bande bianco - brillanti sui palpi, sulle zampe e sull'addome, e una tipica striscia dello stesso colore che solca longitudinalmente il centro del dorso e del capo.

La zanzara tigre è in grado di spostarsi dal suo luogo di nascita?

Un tempo si riteneva che la zanzara tigre non si spostasse più di poche decine di metri dal focolaio in cui nasceva. Studi recenti svolti in diversi ambienti dimostrano al contrario che è capace di effettuare spostamenti anche di centinaia di metri, avvicinandosi talvolta al chilometro. La dispersione tra zone limitrofe può essere infatti favorita dalla presenza di aree verdi nei quartieri residenziali con case e abitazioni singole con giardino. Questi spazi possono rappresentare, infatti, dei veri e propri “corridoi ecologici”. Grazie al trasporto passivo, offerto da automobili e altri veicoli, gli adulti possono diffondersi anche a distanze ben superiori e colonizzare aree molto lontane da quella di origine.

Quali sono i luoghi maggiormente frequentati dalla zanzara tigre?

Gli adulti di zanzara tigre generalmente preferiscono stare all'aperto, in posti riparati e ombreggiati, in particolare tra erba alta, siepi e arbusti.

Chi deve combattere la zanzara tigre?

La lotta alla zanzara tigre richiede un approccio coordinato tra diverse figure istituzionali e i cittadini: i Comuni, attraverso l'adesione ai progetti cofinanziati dalla L.R.75/95 promuovono la formazione della cittadinanza e il contrasto attivo, attraverso le disinfestazioni degli spazi pubblici; la Regione che, attraverso IPLA, coordina le attività di lotta e il monitoraggio su scala regionale; tutti i cittadini che devono svolgere un ruolo attivo di contrasto della diffusione dei focolai di sviluppo larvale in ambito privato.

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E' possibile eliminare completamente la zanzara tigre?

L'eliminazione della zanzara tigre dal territorio non è un obiettivo realistico. Possiamo però ridurne molto la presenza se, oltre al lavoro dei Tecnici, ciascun cittadino partecipa alla lotta compiendo a casa propria le poche e semplici operazioni necessarie, soprattutto l'eliminazione dei piccoli ristagni di acqua in cui essa si moltiplica e il trattamento dei ristagni non eliminabili (come i tombini) con adeguati prodotti antilarvali. A tal fine è di fondamentale importanza non disperdere nell'ambiente o accatastare all'aperto oggetti o materiali che possono accumulare acqua piovana, coprire i bidoni degli orti con zanzariere ben chiuse, introdurre pesci rossi nelle fontane o nelle vasche e trattare periodicamente pozzetti e caditoie dell'acqua piovana.

Con che frequenza devo vuotare i sottovasi e gli altri recipienti?

Il ciclo vitale della zanzara dipende anche dalla temperatura. Nei periodi più caldi, è necessario svuotare i recipienti almeno ogni quattro/cinque giorni. In alternativa, è possibile mettere della sabbia umida in ciascun vaso o sottovaso, in questo modo si conserva l'umidità per le piante e si evita la formazione di ristagni.

In casa, nei vasi di piante coltivate in idrocoltura, come bambù della fortuna o papiro, può nascere la zanzara tigre?

. I vasi con acqua sono l'ambiente ottimale per lo sviluppo della zanzara tigre, che depone le sua uova sulla parete del recipiente e quando questo viene rabboccato si schiudono. Occorre perciò cambiare completamente l'acqua almeno una volta a settimana, in modo da eliminare le larve eventualmente presenti. Se invece il vaso è troppo grosso e non è agevole da svuotare bisogna trattare l'acqua con appositi prodotti antilarvali.

Canali, torrenti, laghetti e risaie possono essere focolai di sviluppo per la zanzara tigre?

No. Dove l'acqua è corrente le zanzare non riescono a deporre le proprie uova e quindi torrenti, bealere, canali e fiumi non costituiscono un focolaio di sviluppo per nessuna specie di zanzara. Laghetti, stagni e paludi possono ospitare le larve di altre specie di zanzara, ma non la zanzara tigre. Anche ambienti vasti, come le risaie, ottimi focolai per lo sviluppo di numerose specie di zanzare, non sono utilizzabili per la riproduzione della zanzara tigre.

Quali prodotti larvicidi si possono utilizzare nei focolai larvali non eliminabili?

Con la recente procedura di revisione europea dei prodotti biocidi, sono rimasti in commercio solo tre classi di prodotti lavicidi: gli inibitori della formazione della cuticola (che impediscono lo sviluppo delle larve), i regolatori di crescita (composti ormonali che bloccano lo sviluppo delle larve) e le tossine di origine microbica (composti che agiscono per ingestione causando la morte delle larve). Alla prima classe appartengono diversi principi attivi (p.a.), il più noto dei quali è il Diflubenzuron, alla seconda il Metoprene e il Pyriproxyfen, alla terza il Bti (acronimo di Bacillus thuringiensis var israelensis) e il Bsph (acronimo di Bacillus sphaericus). Fuori da questa classificazione, vi sono prodotti a base di siliconi che, versati in acqua, impediscono alle larve di respirare.

Quali sono le caratteristiche dei diversi principi attivi?

Ogni principio attivo (p.a.) ha peculiarità di persistenza e selettività. In linea generale, le tossine microbiche sono più selettive e quindi meno impattanti sull'ambiente. Sulla persistenza la questione è più complessa, in quanto non è solo il p.a. che fa durare per più tempo l'effetto di un prodotto, ma anche la sua formulazione. In ogni caso è bene attenersi alle istruzioni di ciascun prodotto, sia per le modalità d'impiego, sia per le periodicità con cui i trattamenti devono essere ripetuti. E occhio alla data di scadenza!

Dove posso acquistare questi prodotti?

Se i normali insetticidi per l'ambiente sono facili da reperire, i prodotti larvicidi sono meno comuni. In genere si possono trovare nelle rivendite di materiale per il giardinaggio, l'orticoltura e il bricolage, in alcune ferramenta e supermercati. Alcuni Comuni hanno concordato la vendita di questi prodotti con le farmacie. Anche l'e-commerce può essere un canale proficuo, ma occorre fare attenzione ad acquistare prodotti debitamente registrati per il mercato italiano.

Il rame serve per combattere le zanzare?

Il rame non combatte le zanzare adulte, ma può essere utilizzato come larvicida se posto nell'acqua dei focolai in ragione di circa 30 grammi per litro d'acqua, una quantità tale da rendere questo metodo idoneo solo per piccole raccolte (es. sottovasi). Il rilascio degli ioni rameici provoca la morte delle larve di zanzara presenti nel focolaio, ma va anche considerata la loro tossicità per gli ecosistemi e pertanto il rame non va impiegato su vasta scala o su acque che possono essere rilasciate nell'ambiente.

La disinfestazione contro le zanzare adulte è efficace o dannosa?

La disinfestazione con prodotti adulticidi non è selettiva: colpisce indistintamente tutti gli insetti, anche quelli utili, come i nemici delle zanzare e quelli che svolgono il prezioso servizio dell'impollinazione. Perciò si deve utilizzare con estrema cautela e parsimonia. Pertanto si deve impiegare questa tecnica solo in casi di emergenze sanitarie, per eliminare il pericolo di epidemie oppure in caso di superamento di soglie d'infestazione prestabilite dai protocolli regionali. Inoltre l'effetto è limitato e non dura molto, poiché se non si colpiscono i focolai, nuove zanzare tornano nell'area trattata dopo pochi giorni.

Cosa sono i repellenti? come funzionano?

Sono una delle misure di protezione personale maggiormente impiegate per prevenire le punture di zanzara. Sono applicati direttamente sulla pelle, sui vestiti o nell'ambiente attraverso appositi emanatori. La maggior parte dei repellenti agisce prevenendo il contatto con l'insetto e non uccidendolo. Ve ne sono sia di origine naturale (citronella, neem, geraniolo ecc.), sia di sintesi (dimetilftalato, N,N-dietil-3-toluamide, icaridina ecc.). Si trovano comunemente in commercio in formulati spray, stick, barrette saponate, creme, spirali, candele e via dicendo. La durata del loro effetto dipende da molti fattori, ma in ogni caso non è di molte ore e pertanto vanno reintegrati a seconda delle necessità. Anche i prodotti più sicuri possono non essere tollerati da soggetti particolarmente sensibili. Si consiglia quindi di testare i prodotti di uso cutaneo su di una piccola zona prima di cospargere tutte le parti esposte.

I pipistrelli servono a contenere le zanzare?

Non in modo specifico. Molte specie di chirotteri sono insettivore, ma si tratta di predatori opportunisti, che scelgono il loro terreno di caccia laddove le prede sono più abbondanti. Le zanzare raramente si trovano in grandi ammassi, come invece avviene per altri insetti. In ogni caso la dieta dei pipistrelli non è esclusivamente composta da zanzare ed è estremamente variabile. Per quel che riguarda la zanzara tigre, trattandosi di una specie dalle abitudini prevalentemente diurne, l'impatto di predatori notturni come i pipistrelli è ancor più modesto che per le altre zanzare. Resta comunque lodevole ogni sforzo messo in atto per tutelare queste utili specie di mammiferi alati, sempre più a rischio di estinzione.

A chi posso segnalare la presenza di zanzara tigre?

Se si sospetta la presenza di zanzara tigre o per chiedere informazioni in merito, si possono contattare i tecnici IPLA telefonando al numero verde 800-171-198 (attivo da maggio a ottobre, dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 17.00) oppure si può inviare una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. 

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Cosa si può fare per proteggersi dalle punture di zanzara?

Prevenire le punture di zanzara è la miglior protezione contro le malattie trasmesse da questi insetti. 
Sarà utile quindi per coloro che intendano recarsi in Paesi a rischio seguire le precauzioni generali per difendersi dalle punture delle zanzare:

  • indossare abiti (preferibilmente di colore chiaro), che coprano il più possibile il corpo;
  • utilizzare un repellente per insetti: i repellenti possono essere applicati sulla pelle esposta o sui capi di abbigliamento, e dovrebbero contenere DEET (dietiltoluamide) o IR3535 o Icaridina che sono gli ingredienti biologicamente attivi più comuni ed efficaci presenti nei repellenti. I repellenti devono essere utilizzati in stretta conformità con le istruzioni riportate sull'etichetta;
  • utilizzare barriere fisiche come zanzariere a porte e finestre, eventualmente trattate con idonei prodotti insetticidi;
  • dormire sotto zanzariere, sia durante il giorno, quando le zanzare del genere Aedes sono più attive, sia durante la notte, quando lo sono le zanzare dei generi Anopheles e Culex;
  • per chi soggiorna a lungo è utile identificare ed eliminare potenziali siti di riproduzione delle zanzare: mantenere vuoti e puliti o coperti contenitori che possono contenere anche piccole quantità di acqua come secchi, vasi da fiori o pneumatici.

Cosa viene fatto per evitare che zanzare infette vengano introdotte in Italia?

Il Ministero della Salute, attraverso gli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera, prevede e verifica che gli aeromobili provenienti, direttamente o previo scalo, da Paesi in cui si possa sospettare il trasporto aereo di insetti vettori di malattie siano sottoposti a trattamento di disinfestazione con appositi prodotti.

Che utilità hanno le zanzare?

A qualcuno potrà sembrare assurdo, ma anche le zanzare servono a qualcosa. Alcune specie sono infatti molto utili all'ecosistema di cui fanno parte. Innanzitutto occorre ricordare che cibo fondamentale di tutte le zanzare adulte sono gli zuccheri di origine vegetale con i nutrienti ad essi associati, il più delle volte assunto sotto forma di nettare dai fiori. Nel processo di ricerca del nettare, le zanzare impollinano molti dei fiori che visitano e questa è una delle funzioni ecologiche delle zanzare più sottovalutate e probabilmente molto più comune di quanto si pensi.
L'impollinazione delle zanzare è stata osservata già dal XIX secolo, ma è difficile da vedere, poiché la maggior parte delle zanzare visita i fiori intorno o dopo il tramonto e la presenza dell'uomo le disturba. Nell'estremo nord, le piante sfruttano le orde di zanzare lì presenti nella breve estate artica per essere impollinate nel poco tempo a loro disposizione per riprodursi. Alcune orchidee, come quella chiamata "faccia di scimmia" (Dracula simia) si affidano per l'impollinazione unicamente ad alcune specie di zanzare. La connessione tra zanzare e fiori è antica e probabilmente ha avuto una forte influenza sull'evoluzione delle zanzare. Prove genetiche supportano l'ipotesi di un rapido aumento della diversità tra le zanzare in corrispondenza della comparsa delle piante da fiore. Scaglie di zanzara sono state trovate in fossili di fiori della metà del Cretaceo.
Non dobbiamo poi dimenticare che le larve delle zanzare sono ottimi "sistemi filtranti" che riescono a ripulire l'acqua in cui vivono da sostanze organiche in sospensioni, alghe microscopiche e batteri. Collegata a quest'attività, c'è un'altra importante funzione ecologica svolta dalle zanzare: il trasferimento di biomassa. Una larva di zanzara, se riesce ad arrivare allo stadio adulto, vola via dal suo habitat acquatico e questo fa sì che la sua biomassa sia trasferita nell'ecosistema terrestre. Qui le zanzare adulte sono predate da molte creature tra cui altri insetti, uccelli, pipistrelli e rane. Le zanzare adulte che muoiono o sono divorate, digerite ed espulse si decompongono, liberando sostanze nutrienti per le piante. In pratica è come se trasformassero i microbi acquatici che le larve hanno mangiato in concime per le piante terrestri, svolgendo in questo modo un'altra importante funzione ecologica. E' pur vero che una zanzara pesa poco, ma le zanzare sono tante: nella sola Alaska la biomassa della zanzara è stata calcolata in oltre 40.000 tonnellate l'anno!
In certe regioni sono infatti un'importante anello della catena alimentare terrestre. Ad esempio, Aedes impiger e Aedes nigripes, che in estate formano densi sciami nelle steppe russe e canadesi sono un'importante fonte di cibo per gli uccelli migratori. Anche nel resto del mondo, uccelli, insetti e pesci mangiano regolarmente diverse specie di zanzare o le loro larve.
Non dimentichiamo, infine, le larve di alcune zanzare tropicali non ematofaghe (es. genere Toxorhynchites), utili predatrici acquatiche che sono anche utilizzate nella lotta contro le zanzare nocive per l'uomo.

È possibile sterminare le zanzare?

Con le normali tecniche di lotta, sicuramente no. Con tecniche molto sofisticate (es. gene drive) e in ambiti limitati, forse sì. Teniamo, infatti, conto che queste tecniche non sono ancora state sperimentate su vasta scala (sulla quale potrebbero dimostrarsi inefficaci), possono essere rivolte ogni volta solo contro una determinata specie di zanzara (e ne esistono più di 3.500, anche se non tutte nocive per l'uomo) e non è detto che una volta eradicata completamente una certa popolazione, dopo qualche tempo questa non possa essere ricostituita da qualche popolazione vicina della medesima specie. È però possibile, anche con le tecniche di lotta più comunemente usate, arrivare a un equilibrio, ossia ad avere delle popolazioni di zanzare non troppo numerose e tali da creare gravi disagi. Ma anche così sono necessarie risorse adeguate e la collaborazione attiva tra istituzioni, aziende e cittadini, perché le zanzare si moltiplicano in vari ambienti, compresi quelli domestici ed è sui siti di sviluppo che è necessario intervenire per ottenere i risultati più duraturi.

Che cos'è la tecnica del maschio sterile?

La tecnica del maschio sterile consiste nel rilasciare in una determinata area migliaia di maschi di una determinata specie di zanzara, in grado di accoppiarsi ma non di fecondare le femmine selvatiche della medesima specie oppure di fecondarle ma senza dare origine a un embrione vitale. Il maschio sterile può essere ottenuto in diversi modi, ma perché l'operazione abbia successo sono necessari dei requisiti comuni. Innanzitutto i maschi che vengono rilasciati devono essere sufficientemente sani e forti da poter competere con quelli selvatici. Poi, devono essere rilasciati in numero preponderante, altrimenti il numero di femmine che si accoppiano con i maschi sterili risulterebbe troppo basso rispetto a quello delle femmine fecondate dai maschi selvatici. Perché ciò possa avvenire si deve intervenire su popolazioni particolarmente isolate o ancora in fase di insediamento (ad esempio laddove sia stata introdotta di recente una nuova specie) o già in declino (ad esempio per le azioni di lotta con mezzi classici).

Dove si può applicare la tecnica del maschio sterile?

Attualmente, l'unica specie di zanzara presente in Italia su cui si sta lavorando con questa tecnica (e di cui quindi sono reperibili maschi sterili) è la zanzara tigre. In Piemonte e in altre parti d'Italia, la zanzara tigre è ormai molto diffusa e abbondante, per cui un approccio di lotta basato unicamente sul maschio sterile sarebbe destinato a fallire, se non, forse, in piccole aree marginali dove la specie è appena arrivata. Può essere però utilizzarla in appoggio ai metodi di lotta classici su realtà dove la popolazione in questione risulti sufficientemente isolata dalle altre popolazioni di zanzara tigre. È però indispensabile prima intervenire massicciamente con le tecniche già in auge, anche andando casa per casa per cercare ed eliminare tutti i focolai di sviluppo larvale presenti in ambito domestico (che sono quasi sempre più del 50%, talvolta anche il 90%, del totale e poi, solo in un secondo momento, effettuare dei lanci sufficientemente consistenti a fermare la riproduzione delle femmine che inevitabilmente sopravvivono a causa dei focolai che non è stato possibile individuare.

Che cos'è la tecnica del gene drive ed è possibile applicarla alla nostra realtà?

Al contrario del maschio sterile, la tecnica del gene drive promette risultati definitivi anche in condizioni non ottimali. Questo perché con questa tecnica verrebbero rilasciati nell'ambiente degli individui portatori di un gene che fa nascere solo maschi e questi trasmetterebbero tale gene a tutta la propria discendenza, permettendone una rapida diffusione nella popolazione. Negli esperimenti fatti nei laboratori dell’Imperial College di Londra, dove la tecnica è stata perfezionata su di una specie di zanzara vettore della malaria, è bastato utilizzare un numero di individui geneticamente modificati pari al 2,5% della popolazione sperimentale per farla collassare nel giro di 10-14 generazioni (corrispondenti a circa 7-10 mesi). Poiché potenzialmente tale tecnica potrebbe portare all'estinzione di un’intera specie, in molti si sono posti delle domande di tipo etico e su quanto possa essere dannoso impiegare questo metodo in natura. Per questo motivo, al momento, siamo ancora in fase di studio, con progetti piloti avviati in ambienti isolati. Anche se la metodologia avrà un futuro, non sarà presto disponibile per un utilizzo sulle zanzare presenti in Italia, in quanto queste non hanno un peso sulla salute tale da giustificare questo tipo di approccio (al contrario di quanto avviene in Africa per la malaria). Perciò, almeno per il momento, non è possibile applicare il gene drive alle nostre realtà.

Che cosa si intende per specie invasiva?

Una specie invasiva è una specie non nativa dell'area in esame (nel nostro caso il Piemonte) ma che è in grado di proliferarvi o per capacità naturale o per successivo adattamento.
Una specie invasiva è, ad esempio, la zanzara tigre (Aedes albopictus).

Che cosa si intende per specie esotica?

Una specie esotica è una specie mai osservata nell'area in esame (nel nostro caso il Piemonte), proveniente da un'area diversa e non sempre in grado di sopravvivere nell'area di arrivo.
Una specie esotica è, ad esempio, la zanzara della febbre gialla (Aedes aegypti).


Le zanzare possono trasmettere l'AIDS?

No, le zanzare non possono trasmettere il virus HIV, in quanto esso non può sopravvivere nella zanzara (animale a sangue freddo) e spostarsi dal suo intestino alle ghiandole salivari come fanno i tipici virus trasmessi dalle zanzare.


Le zanzare possono trasmettere il virus SARS-CoV-2?

Uno studio sperimentale, realizzato dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) di Roma e l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), ha dimostrato che le zanzare non sono in grado di trasmettere il virus SARS-CoV-2, agente causale della malattia respiratoria acuta nota come COVID-19.

È stata infatti testata la competenza vettoriale (ossia la capacità di trasmettere attivamente il virus) di due tra le più comuni zanzare presenti nelle nostre città: la zanzara tigre (Aedes albopictus) e la zanzara comune (Culex pipiens). Alle zanzare testate è stato fornito un pasto di sangue infetto con alte dosi del virus SARS-CoV-2. Si è poi osservato come il virus non sia stato in grado di replicarsi nel corpo delle zanzare. Alla fine dello studio, tutti gli insetti sono risultati negativi alla sua presenza, segno che nel corpo delle zanzare il nuovo coronavirus non riesce nemmeno a sopravvivere.


Domande e risposte più frequenti sulla West Nile

Cos'è la West Nile?

Con il termine West Nile Fever (WNF) o febbre del Nilo Occidentale s'intende una malattia umana simil influenzale, piuttosto blanda, provocata dall'omonimo virus (spesso indicato come WNV) di origine africana. Lo stesso virus, essendo neurotropico, può provocare, in soggetti debilitati, una più grave sindrome neurologica o West Nile Neuroinvasive Disease (WNND). Analogamente, anche molte specie di uccelli e gli equidi possono essere colpiti da sindrome neuroinvasiva da WNV. Altri animali (es. il cane) anche se infettati raramente sviluppano la malattia.

Come si trasmette la West Nile?

La principale via di trasmissione è attraverso la "puntura" di zanzare infette. Queste acquisiscono il virus nutrendosi su uccelli infetti e possono a loro volta trasmetterlo ad altri uccelli ma anche a ospiti accidentali come il cavallo e l'uomo. Il principale vettore del virus in Europa non è la zanzara tigre, bensì la zanzara comune (Culex pipiens) che punge preferenzialmente al chiuso e nelle ore notturne. Oltre alle zanzare, altre fonti di trasmissione documentate nell'uomo, anche se molto più rare, sono le trasfusioni di sangue  e  i trapianti di organi infetti e la trasmissione madre-feto in gravidanza. L'allattamento al seno non è invece fonte di infezione per il neonato.

Come è stata introdotta in Italia?

Si pensa che il virus sia arrivato in vari Paesi europei, Italia compresa, viaggiando nel sangue di uccelli migratori infettatisi nell'Africa sub sahariana. Le zanzare comuni presenti in Europa hanno poi trasmesso il virus agli uccelli stanziali che fungono da serbatoio e, saltuariamente, ad altri ospiti a fondo cieco come uomo e cavallo.

L'uomo e il cavallo possono trasmettere l'infezione?

L'uomo e il cavallo possono essere infettati ma sono considerati ospiti a fondo cieco, in quanto il virus non raggiunge nel sangue concentrazioni sufficientemente elevate da infettare altre zanzare e, pertanto, il ciclo di trasmissione non può perpetuarsi. L'uomo, anche se infetto, non è in grado di trasmettere il virus ad altre persone per contatto diretto, per cui il virus non può essere stato diffuso dai migranti.

Cosa succede quando si contrae il virus?

La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo: il loro sistema immunitario lo riconosce e lo distrugge in poco tempo, creando degli anticorpi anti-WNV. Circa il 20% dei soggetti infettati sviluppa invece sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, manifestazioni cutanee. E' la cosiddetta febbre del Nilo occidentale (WNF). Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana e possono variare a seconda dell'età del paziente.
I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell'1% delle persone infettate (1 persona su 150) e comprendono febbre alta, forti cefalee, debolezza muscolare e problemi neurologici. Si tratta, in questo caso, della forma neuroinvasiva della malattia (WNND). Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un'encefalite letale o danni permanenti. La forma grave della malattia interessa principalmente le persone più anziane o con una ridotta efficienza del sistema immunitario.

Qual è il periodo di incubazione della West Nile nell'uomo?

Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia generalmente fra i 2 e i 14 giorni, ma può anche superare i 20 giorni in soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.

Come si fa una diagnosi di West Nile?

La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio su siero (Elisa o Immunofluorescenza) o, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno) e pertanto la positività a questi test può indicare anche un'infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall'insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi: pertanto è consigliabile ripetere il test di laboratorio a distanza di tempo prima di escludere la malattia. In alternativa, la diagnosi può anche essere effettuata attraverso la ricerca diretta del virus o del suo acido nucleico (RNA virale), tramite coltura cellulare o PCR su campioni ematici o di fluido cerebrospinale.

Esiste una terapia specifica?

Purtroppo no. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o al massimo poche settimane. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove il paziente viene sottoposto a terapie di supporto.

Si può prevenire l'infezione?

Come si sa, la miglior cura è la prevenzione, ma al momento non esiste ancora un vaccino umano (mentre ne esistono per il cavallo), anche se ve ne sono alcuni allo studio. La prevenzione però non si limita ai vaccini: in questo caso consiste nel ridurre l'esposizione alle punture di zanzare, sia limitando la loro proliferazione, sia "proteggendosi" dai loro attacchi.

Una volta contratto il virus, è possibile essere nuovamente infettati?

Generalmente no: una volta entrati in contatto con il virus (anche senza sviluppare i sintomi della malattia) si diventa immuni a successive infezioni, anche se l'immunità può diminuire negli anni.

Cosa si può fare per proteggersi dalle zanzare?

In considerazione del ciclo riproduttivo e delle abitudini alimentari di Culex pipiens, il principale vettore del virus, le precauzioni per proteggersi dai sui attacchi vanno applicate, da maggio a fine ottobre, nelle ore serali e notturne.
All'interno degli edifici il metodo di difesa più efficace è sicuramente l'utilizzo di zanzariere a maglia fineZampironi o apparecchi elettroemanatori di insetticidi liquidi o a piastrine sono un'alternativa che però richiede una gestione oculata.
All'aperto si dovrebbero invece indossare, nelle medesime ore, indumenti di colore chiaro (quelli scuri o colorati sono più attrattivi) che coprano il più possibile il corpo (maniche e pantaloni lunghi).
Vanno evitati i profumi, le creme e i dopobarba in quanto talvolta risultano attrattivi nei confronti delle zanzare.
Un buon livello di protezione è assicurato dall'uso di repellenti cutanei per uso topico (direttamente sulla pelle): le sostanze repellenti ostacolano, infatti, il raggiungimento della pelle da parte della zanzara, interferendo con i suoi sensori olfattivi. Questi prodotti vanno applicati sulla cute scoperta, compreso il cuoio capelluto, evitando le mucose (labbra, bocca), gli occhi e le zone di cute abrasa. Il trattamento va ripetuto nel tempo dato che i prodotti evaporano rapidamente e vengono dilavati con la sudorazione. Nell'uso di questi prodotti bisogna seguire scrupolosamente le indicazioni riportate sulla confezione e va adottata grande cautela con i bambini o su pelli sensibili. I repellenti possono essere anche spruzzati sui vestiti per aumentarne l'effetto protettivo.

Cosa si può fare per limitare la proliferazione delle zanzare?

Ancora più importante è evitare di “allevare” inconsapevolmente le zanzare nel proprio giardino, orto, cortile, terrazzo, scantinato ecc., eliminando tutti i ristagni d'acqua presenti  o le situazioni che possono portare alla loro formazione in seguito alle piogge. Se la raccolta d'acqua non può essere eliminata (allagamenti sotterranei, fusti per l'irrigazione ecc.), va però isolata in modo che le zanzare non possano entrarvi a deporre le loro uova: chiusure ermetiche, zanzariere integre o teli di plastica ben tesi possono servire allo scopo. Quando non è possibile nemmeno isolare la raccolta d'acqua (es. ristagni all'interno di pozzetti e caditoie dell'acqua piovana), andrà allora periodicamente trattata con appositi prodotti larvicidi.
E', inoltre, utile tenere il verde curato per non favorire il riparo alle zanzare adulte nelle ore più calde.

Perchè ci sono casi di malattia anche nei territori dove si adottano misure di controllo contro le zanzare?

Perché l'eradicazione delle zanzare è impossibile. Non si possono inoltre curare o vaccinare i volatili selvatici, che rappresentano il serbatoio del virus, e non esiste ancora un vaccino per l'uomo. Si può solo cercare di ridurre la densità delle zanzare effettuando periodici interventi larvicidi nei siti di sviluppo della zanzara comune (principalmente caditoie stradali e fossati). I trattamenti adulticidi si effettuano solo nel caso di densità del vettore molto elevata e di gravi focolai d'infezione.

La West Nile è una malattia stagionale?

Nelle zone temperate del mondo (cui appartiene l'Italia), i casi di West Nile si verificano soprattutto nella stagione estiva o all'inizio dell'autunno. Nelle regioni tropicali il virus può essere trasmesso tutto l'anno.

Il virus West Nile è in grado di sopravvivere durante i mesi freddi?

Anche se le zanzare cessano la loro attività durante i mesi freddi, è stata dimostrata la capacità del virus di sopravvivere, durante questo periodo, nelle zanzare femmine infette che superano l'inverno in luoghi riparati.


Domande e risposte più frequenti sulla chikungunya

Cos'è la chikungunya?

La chikungunya è una malattia virale trasmessa dalle zanzare che fungono da vettori. E' stata descritta per la prima volta nel 1952 nel corso di un'epidemia verificatasi nella Tanzania meridionale. Il virus appartiene al genere alphavirus della famiglia Togaviridae. Il nome “chikungunya” deriva da una parola in lingua Makonde, che significa “diventare contorto” e che descrive l'aspetto curvo che assumono le persone malate a causa dei dolori articolari che la caratterizzano.

Quali sono i sintomi della chikungunya?

La chikungunya è caratterizzata da un'insorgenza febbrile improvvisa accompagnata da dolori articolari. Altri sintomi che si manifestano comunemente includono: dolori muscolari, mal di testa, nausea, affaticamento ed esantema cutaneo. Il dolore alle articolazioni è spesso molto debilitante tuttavia, generalmente, si protrae solo per pochi giorni, ma in casi particolari può durare anche per diversi mesi o persino anni. In questo casso di parla di cronicizzazione della malattia. Sono stati inoltre segnalati casi occasionali di complicazioni oculari, neurologiche e cardiache, come pure disturbi gastrointestinali. Le complicazioni gravi non sono comuni, tuttavia, nelle persone più anziane, la malattia può essere fatale. Spesso la sintomatologia è lieve e può passare inosservata o, nelle aree in cui coesiste con la dengue, essere confusa con questa.

Come si trasmette la chikungunya?

Il virus è trasmesso da persona a persona attraverso la puntura di una zanzara femmina infetta, di norma del genere Aedes. In particolare Aedes aegypti e Aedes albopictus (quest'ultima presente anche in Italia e meglio conosciuta come zanzara tigre) sono state coinvolte nelle principali epidemie in varie parti del mondo. Queste zanzare pungono principalmente nelle ore diurne, soprattutto il mattino presto e nel tardo pomeriggio. Entrambe le specie attaccano preferenzialmente all'aperto ma possono pungere anche all'interno delle abitazioni (soprattutto Ae. aegypti). Mentre Ae. aegypti è localizzata nelle regioni tropicali e sub-tropicali, Ae. albopictus si trova anche in regioni temperate e fredde. Negli ultimi decenni Ae. albopictus si è diffusa dall'Asia colonizzando parte dell'Africa, dell'Europa e delle Americhe. In Africa, sono state implicate nella trasmissione di chikungunya diverse altre specie di zanzare, incluse Ae. furcifer-taylori e Ae. luteocephalus. Dopo la puntura di una zanzara infetta, i sintomi si manifestano generalmente entro 2-4 giorni, con un intervallo che può arrivare a 12 giorni.

Come si cura la chikungunya?

Non esiste un trattamento specifico contro il virus della chikungunya, perciò la terapia è basata sulla somministrazione di farmaci sintomatici, soprattutto per alleviare i dolori articolari (anti-piretici ed anti-infiammatori ad eccezione dell'acido acetil-salicilico), riposo a letto e reintegrazione dei liquidi, ove necessaria. Le persone affette da chikungunya dovrebbero essere protette dalle punture delle zanzare, mediante applicazione di repellenti sulla cute, uso di zanzariere e di insetticidi negli ambienti in cui soggiornano, per evitare che possano propagare l'infezione.

Esiste un vaccino per prevenire la chikungunya? (nuova)

Nel novembre 2023 la FDA (Food and Drug Administration) statunitense ha approvato per la prima volta un vaccino per prevenire le infezioni da virus chikungunya. Al momento (marzo 2024) il vaccino non è ancora disponibile in Italia.

Come si previene la chikungunya?

La vicinanza tra abitazioni umane e i siti in cui le zanzare possono riprodursi è un fattore di rischio significativo per la chikungunya, come pure per altre malattie trasmesse dagli stessi insetti vettori.
La prevenzione e il controllo si basano in gran parte sulla riduzione del numero di raccolte d'acqua naturali e artificiali, che permettono la riproduzione delle zanzare e sul trattamento con prodotti larvicidi dei recipienti non eliminabili. Ciò richiede la mobilizzazione delle comunità.
Durante le epidemie, è inoltre possibile nebulizzare appositi prodotti insetticidi per eliminare le zanzare adulte.
Recandosi laddove sono in atto focolai di chikungunya, si raccomanda di indossare abiti che coprano la maggior parte del corpo ed applicare repellenti sia sulla pelle che rimane esposta sia sugli abiti, seguendo le istruzioni riportate in etichetta. Per le persone che sono solite dormire durante le ore diurne, in particolare i bambini piccoli, gli ammalati o le persone anziane, le zanzariere trattate con insetticidi possono fornire una valida protezione contro le punture di zanzara. Gli zampironi o altri vaporizzatori di insetticida possono ridurre la presenza delle zanzare all'interno delle abitazioni.

In quali aree del mondo è presente la chikungunya? (rivista nel 2023)

La chikungunya è stata identificata in oltre 60 Paesi in Asia, Africa, Europa e nelle Americhe, ma è endemica solo in alcune regioni tropicali e subtropicali.
Le infezioni umane in Africa per molto tempo sono state limitate, ma negli anni 1999–2000 si è assistito ad un'epidemia di vaste dimensioni nella Repubblica Democratica del Congo e, nel 2007, in Gabon.
Dal febbraio 2005 si è verificata un'epidemia di grandi dimensioni nelle isole dell'Oceano Indiano, che ha causato numerosi casi importati anche in Europa, soprattutto nel 2006, quando l'epidemia ha raggiunto il culmine nell'Oceano Indiano.
In India, un'epidemia di chikungunya di grandi dimensioni si è verificata tra 2006 e 2007, coinvolgendo anche numerosi altri Paesi dell'Asia sud-orientale.
Dal 2005 a oggi, India, Indonesia, Maldive, Myanmar e Tailandia hanno notificato oltre 1,9 milioni di casi.
Dal 2013 il virus è presente nei Caraibi da dove si è diffuso in gran parte dei Paesi latino-americani e nel sud degli Stati Uniti. Continuano inoltre a susseguirsi focolai epidemici in varie isole e arcipelaghi del Pacifico.

Ci sono stati focolai epidemici in Europa?

Nel 2014, a Montpellier, in Francia, è stato identificato un focolaio di chikungunya autoctona con 11 casi confermati, localizzati nel medesimo quartiere.
Nel 2017, due focolai di chikungunya autoctona epidemiologicamente collegati sono stati identificati sul territorio della regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra nella Francia meridionale (sono stati segnalati 15 casi confermati).

Ci sono stati focolai epidemici in Italia?

Nel 2007, la regione Emilia Romagna ha notificato il primo focolaio epidemico di chikungunya in Europa, con oltre 200 casi accertati, provocato da un caso d'importazione non sottoposto ad idonei protocolli d'intervento (che nacquero proprio in seguito a quell'episodio). Il focolaio si è esaurito con la fine della stagione utile per la riproduzione della zanzara tigre (ottobre). In inverno nell'area interessata dall'epidemia nessuna zanzara adulta infetta ha superato l'inverno (alle nostre latitudini solo le uova “svernanti” permettono la sopravvivenza della specie) e l'anno successivo nessun nuovo caso è comparso. Ogni anno, si registrano però alcuni casi d'importazione, ossia contratti in altri Paesi. Quando questi casi sono notificati, si applicano dei protocolli tesi ad impedire che si diffonda un nuovo focolaio locale.
Nel 2017, nel Lazio uno di questi casi è sfuggito a notifica, provocando un nuovo focolaio autoctono, partito dalla città di Anzio e che ha generato focolai secondari a Roma, Latina e in Calabria (con 270 casi confermati totali).

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Quali strumenti normativi sono vigenti in Italia per far fronte a queste evenienze?

Per intensificare le attività di sorveglianza e risposta, il Ministero della Salute ha approvato un Piano Nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle Arbovirosi (PNA) 2020-2025 che definisce le linee guida per contrastare la diffusione dei virus chikungunya, dengue, usutu, West Nile e Zika. Gli obiettivi principali del PNA sono:

  • monitorare i casi importati in Italia, e in particolare nelle aree in cui sono presenti zanzare potenziali vettori della malattia, per la valutazione del rischio di eventuale trasmissione autoctona del virus;
  • identificare precocemente le epidemie e monitorare la trasmissione locale (diffusione, entità e termine), al fine di adeguare le misure di sanità pubblica (attività di prevenzione e risposta) e indirizzare le attività intersettoriali di controllo del vettore (ad esempio attraverso trattamenti insetticidi);
  • prevenire la trasmissione accidentale di queste infezioni che può avvenire anche tramite donazioni di sangue, organi, tessuti, cellule staminali emopoietiche e identificare potenziali altre vie di trasmissione.

Domande e risposte più frequenti sulla dengue

Come si fa una diagnosi di dengue? (nuova)

Sebbene la diagnosi di dengue sia frequentemente formulata in base ai sintomi osservati, per una conferma definitiva si deve ricorrere a test di laboratorio. Questi test possono rilevare la presenza del virus o degli anticorpi specifici nel sangue del paziente.

Come si trasmette la dengue? (nuova)

La dengue è causata da un virus (DENV) di cui esistono 4 diversi sierotipi: DENV-1, DENV-2, DENV-3 e DENV-4. La trasmissione avviene principalmente attraverso la puntura di una zanzara infetta, in particolare della specie Aedes aegypti, la zanzara della febbre gialla, ma anche da Aedes albopictus, meglio nota come zanzara tigre. Quando una persona viene punta da una zanzara infetta, il virus della dengue invade il torrente circolatorio, dove può essere riscontrato mediamente per 2-7 giorni. Se una persona infetta, magari dopo essere rientrata da un viaggio, viene punta da un'altra zanzara competente per la trasmissione del DENV questa a sua volta si infetta e dopo qualche tempo potrà trasmettere il virus ad altre persone che si potranno ammalare, pur non essendo mai state in aree endemiche per infezione da DENV.

Come si cura la dengue? (nuova)

Non esiste un trattamento specifico per la cura della malattia. La terapia è basata sulla somministrazione di farmaci sintomatici (antipiretici, antinfiammatori), riposo a letto, reintegrazione dei fluidi ed esercizi per lenire la rigidità e i dolori articolari. Occorre evitare: salicilati (per la tendenza emorragica), antibiotici e corticosteroidi (vanno evitati durante la fase acuta della malattia).

Esiste un vaccino per prevenire la dengue? (nuova)

Da fine 2023 è disponibile anche in Italia un vaccino tetravalente, vivo attenuato, indicato per la prevenzione della malattia causata da uno qualsiasi dei quattro sierotipi di virus dengue. È possibile somministrarlo a partire dal quarto anno di età ed è adatto anche a chi non ha ancora contratto il virus. È consigliato per chi deve recarsi in Paesi endemici nei periodi con elevata circolazione della malattia.

Come si previene la dengue? (nuova)

La prevenzione consiste fondamentalmente nel ridurre l'esposizione alle punture di zanzare. L’utilizzo di repellenti cutanei, indumenti impregnati di repellenti, magliette a maniche lunghe e pantaloni lunghi e l'impiego di zanzariere rappresentano misure fondamentali. A livello di comunità, è essenziale intraprendere azioni generiche e mirate per contrastare le zanzare competenti per la trasmissione del virus, come ad esempio la zanzara tigre. L’eliminazione dei ristagni d’acqua che rappresentano un habitat ottimale per la deposizione delle uova delle zanzare e le campagne di disinfestazione servono a ridurre la popolazione del vettore e, di conseguenza, il rischio di trasmissione del virus.

In quali aree del mondo è presente la dengue? (nuova)

Prima del 1970, solo 9 paesi erano stati colpiti da gravi epidemie di dengue. Più recentemente la malattia è stata segnalata in molti paesi di Africa, Americhe, Asia, Europa e Pacifico occidentale ma è endemica solo in alcune regioni tropicali e subtropicali.
L’Africa orientale, l’America latina, l’Asia sudorientale e il Pacifico occidentale sono le regioni più gravemente colpite. In particolare, negli ultimi anni, si sono registrate importanti epidemie in Brasile, Bangladesh, Burkina Faso, Ciad, Colombia, Filippine, Malaysia, Messico, Nicaragua, Paraguay, Perù, Tailandia e Vietnam.

Ci sono stati focolai epidemici in Europa? (rivista nel 2023)

I primi casi noti di trasmissione autoctona di dengue in Europa si sono verificati nel 2010, con un focolaio di 10 casi in Croazia e uno di 2 casi in Francia.
Negli anni successivi si sono registrati altri casi, soprattutto in Francia (17 focolai con 44 casi complessivi tra il 2013 e il 2021, 9 focolai con 65 casi nel 2022 e 8 focolai con 43 casi nel 2023), in Spagna (2 focolai e 6 casi nel 2018, 1 caso isolato nel 2019, 6 casi nel 2022 e 3 casi nel 2023) e in Italia (1 focolaio di 11 casi nel 2020 e 4 focolai con 82 casi nel 2023), tutti Paesi in cui è ben diffusa la zanzara tigre.

Ci sono stati focolai epidemici in Italia? (rivista nel 2023)

Nel 2020 c'è stato un focolaio epidemico di dengue in Veneto (comune di Montecchio Maggiore) con undici casi registrati.
Nel 2023 ci sono stati 4 focolai epidemici: uno in provincia di Lodi (41 casi), uno a Roma (38 casi), uno ad Anzio (1 unico caso, verosimilmente correlato con quelli di Roma) e uno in provincia di Latina (2 casi, anche qui, verosimilmente correlati con quelli di Roma).


Domande e risposte più frequenti sulla febbre gialla

Cos'è la febbre gialla?

La febbre gialla è una febbre emorragica virale che colpisce principalmente gli esseri umani e le scimmie e si trasmette attraverso la puntura di zanzare infette, anche del genere Aedes. La malattia è provocata dal virus amarilico (YFV) che è un arbovirus che appartiene al genere dei Flavivirus della famiglia Flaviviridae

Quali sono i sintomi della febbre gialla?

La febbre gialla inizia con una fase “acuta” caratterizzata da sintomi generali quali febbre, dolori muscolari, dolori alla schiena, cefalea, brividi, mancanza di appetito, nausea e vomito. La maggior parte dei pazienti mostra un miglioramento dopo 3-4 giorni. Circa il 15% dei malati evolverà in una seconda fase “tossica” entro 24 ore dalla remissione iniziale, caratterizzata da febbre alta, itterizia, dolori addominali associati a vomito e deterioramento delle funzioni renali. Può aversi sanguinamento dalla bocca, naso, occhi e stomaco, e comparsa di sangue nel vomito e nelle feci. 
I decessi si presentano nel 20% dei casi gravi, anche se in particolari epidemie si può arrivare all'80% di mortalità. Il 50% dei pazienti che arriva alla fase tossica muore di solito entro 2 settimane dalla comparsa dei sintomi. 

Come si trasmette la febbre gialla?

Il virus della febbre gialla si trasmette tramite la puntura di zanzare infette principalmente dei generi Aedes (tra cui Aedes aegypti, detta anche zanzara della febbre gialla) e Haemagogus. Alcune di queste zanzare si riproducono in ambiente urbano, intorno alle abitazioni, altre nelle foreste e nelle giungle. Esiste infatti un "ciclo silvestre", dove il serbatoio sono primati non umani e il vettore è costituito da zanzare che pungono sia le scimmie sia l'uomo, ed un "ciclo urbano", dove il serbatoio è l'uomo stesso. Una persona che si infetta in foresta, tornando in un centro abitato in cui è presente un vettore può innescare il ciclo urbano. 
Le zanzare restano infette per tutta la loro vita, mentre il sangue dei pazienti infetti è contagioso da 24 a 48 ore prima della comparsa dei sintomi fino a 3-5 giorni dopo la guarigione clinica.

Come si cura la febbre gialla?

Non esiste un trattamento specifico antivirale per il virus della febbre gialla, tuttavia un trattamento sintomatico può alleviare i sintomi della malattia, quali deidratazione e febbre. Le infezioni batteriche associate possono essere trattate con antibiotici. La gestione specifica delle insufficienze d'organo (reni, fegato ecc.) può aiutare i pazienti gravemente malati, tuttavia è raramente disponibile in Paesi che dispongono di poche risorse.

Come viene diagnosticata la febbre gialla?

La diagnosi di febbre gialla è difficile (specialmente nelle fasi iniziali) perché la sintomatologia può essere confusa con altre malattie comuni nei Paesi tropicali, quali la malaria, la dengue, la leptospirosi e la malattia da virus Zika, oppure con avvelenamenti. I medici che visitano un paziente malato possono avere difficoltà ad effettuare una diagnosi di febbre gialla esclusivamente sulla base di sintomi clinici, specialmente se operano in un'area dove sono presenti molte di queste malattie diffuse nello stesso periodo. Devono essere effettuati test di laboratorio per confermare una diagnosi di caso sospetto di febbre gialla. I test sul sangue possono evidenziare gli anticorpi prodotti in risposta alla febbre gialla, confermando che la persona è stata infettata. Sono utilizzate diverse altre tecniche per identificare il virus in campioni di sangue o tessuti epatici prelevati dopo il decesso. Questi test necessitano di personale di laboratorio molto qualificato ed attrezzature e materiali specializzati.

Come si previene la febbre gialla?

La febbre gialla può essere efficacemente prevenuta attraverso la vaccinazione. Il vaccino per la febbre gialla è sicuro ed economico, e una singola dose fornisce un'immunità contro la malattia che può durare per tutta la vita. Dopo la somministrazione del vaccino viene rilasciato dal centro un certificato internazionale di vaccinazione, che diviene valido 10 giorni dopo la data della vaccinazione (momento in cui inizia la sua efficacia). Questo certificato è obbligatorio per l'ingresso in alcuni Paesi. Anche il controllo delle zanzare può essere utile per prevenire la febbre gialla, ed è di vitale importanza nelle situazioni in cui la copertura vaccinale è bassa o il vaccino non è immediatamente disponibile. Il controllo delle zanzare include l'eliminazione dei siti dove le zanzare possono riprodursi, e l'uccisione delle zanzare adulte e delle larve utilizzando insetticidi in aree ad alta densità di zanzare. E' molto importante ed efficace la partecipazione comunitaria in attività per il controllo delle zanzare, quali mantenere puliti gli scarichi domestici, e coprire i contenitori dell'acqua dove le zanzare possono riprodursi.

In quali aree del mondo è presente la febbre gialla?

L'infezione è originaria dell'Africa, da dove fu importata nelle Americhe con la tratta degli schiavi. Con il tempo si è stabilizzata e radicata nel centro e sud America.
Occasionalmente, viaggiatori infetti provenienti da aree dove esiste la febbre gialla hanno esportato casi in Paesi indenni dal virus, tuttavia la malattia può diffondersi facilmente solo se nel nuovo Paese esistono specie di zanzara capaci di trasmetterla, specifiche condizioni climatiche e animali serbatoio necessari a mantenerla.

Chi dovrebbe essere vaccinato contro la febbre gialla? (rivista nel 2023)

La vaccinazione è la misura più importante per prevenire la febbre gialla. Nei Paesi in cui la malattia è endemica, l'OMS raccomanda fortemente la vaccinazione di routine nei bambini di età superiore ai 9 mesi e l'effettuazione di campagne di vaccinazione di massa per aumentare la copertura nella popolazione adulta. La copertura vaccinale deve raggiungere almeno l'80% della popolazione per prevenire l'insorgenza di focolai.

Chi non dovrebbe essere vaccinato contro la febbre gialla? (rivista nel 2023)

Alcune categorie di persone non dovrebbero essere vaccinate di routine:

  • bambini di età inferiore ai 9 mesi (o inferiore ai 6 mesi durante un focolaio epidemico, dove il rischio di contrarre la malattia è maggiore della comparsa di un evento avverso causato dal vaccino);
  • le donne in gravidanza (eccetto durante un focolaio epidemico);
  • le persone che hanno avuto una grave reazione allergica alle proteine delle uova;
  • le persone con severe immunodeficienze per HIV/AIDS o per altre cause, o in presenza di un disturbo del timo.

Per quanto riguarda l'uso in persone oltre i 60 anni di età, è stato osservato che il rischio di malattia viscerotropica associata al vaccino è maggiore rispetto ai soggetti giovani, in cui il rischio è invece basso. Il vaccino, negli ultrasessantenni, deve essere somministrato solo dopo un'attenta valutazione del rapporto rischio-beneficio, valutando il rischio di contrarre la malattia e il rischio di un potenziale evento postvaccinale avverso.

In aree e periodi a forte endemismo, il rischio di morire per febbre gialla è di gran lunga superiore ai rischi connessi al vaccino, ma in situazioni in cui la probabilità di contrarre l’infezione è più bassa, il medico deve soppesare tutti i fattori di rischio.


Domande e risposte più frequenti sul virus Zika

Che cosa è il virus Zika?

L'infezione umana da Zika virus (ZIKv) è una malattia virale trasmessa dalla puntura di zanzare infette di alcune specie del genere Aedes. Si tratta di un Flavivirus simile ai virus della febbre gialla, della dengue, dell'encefalite giapponese e della West Nile. Il vettore è rappresentato da alcune specie di zanzare del genere Aedes, che comprendono Aedes aegypti (vettore originario, nota anche come zanzara della febbre gialla) e Aedes albopictus (più conosciuta come zanzara tigre e diffusa anche in Italia). Queste zanzare sono responsabili anche della trasmissione di dengue, chikungunya e febbre gialla.
L'ospite originario non è noto, ma è ragionevole ipotizzare che si trattasse di una scimmia. Nei Paesi dove la malattia è presente il serbatorio (reservoir) è l'uomo.

Come si trasmette il virus Zika alle persone?

Il virus Zika si trasmette principalmente attraverso la puntura di una zanzara infetta del genere Aedes. Tuttavia, ci sono stati anche casi di trasmissione per via sessuale, trasfusioni di sangue, passaggio materno-fetale e contagio accidentale durante attività di laboratorio.
Il virus Zika è stato rilevato nel sangue, nelle urine, nel liquido amniotico, nello sperma, nella saliva e nel fluido presente nel cervello e nel midollo spinale (liquor) di persone infette. 
Sebbene il virus Zika sia stato identificato anche nel latte materno, non è mai stata riportata un'infezione da virus Zika contratta durante l'allattamento.

Quali sono i sintomi dell'infezione da virus Zika?

Si stima che nell'80% dei casi l'infezione sia asintomatica. I sintomi nell'uomo, quando presenti, sono uno stato febbrile piuttosto modesto (sotto i 38,5°C), transitori dolori articolari con possibile gonfiore delle articolazioni (principalmente nelle mani e nei piedi), rash cutaneo maculo-papulare, che spesso parte dal viso, arrossamento degli occhi o congiuntivite bilaterale non purulenta, oltre ad una serie di sintomi generali non specifici, come mialgia, astenia e cefalea. I sintomi appaiono dopo un'incubazione che va dai 3 ai 14 giorni, in genere non sono severi e durano pochi giorni (2-7), ma la malattia può non essere riconosciuta o scambiata per dengue. I casi che presentano complicazioni sono estremamente rari.

Come viene diagnosticata l'infezione da virus Zika?

Di norma la diagnosi è basata sui sintomi e sulla storia clinica recente (punture di zanzara, viaggi in aree ove è presente il virus ecc.). Ci sono poi analisi di laboratorio su campione ematico che possono confermare o meno la diagnosi.

Come si cura la malattia da virus Zika?

Una volta contratta la malattia, la terapia è basata sulla somministrazione di farmaci sintomatici (antipiretici, anti-infiammatori, antistaminici in caso di forte prurito), riposo a letto e reintegrazione dei fluidi.

Si essere infettati più volte dal virus Zika?

Non ci sono casi documentati di individui che hanno contratto l'infezione da virus Zika più di una volta. Si ritiene che la risposta immunitaria dia immunità permanente.

Come si previene la malattia da virus Zika?

Non esiste, allo stato attuale, un vaccino approvato contro il virus Zika, né un trattamento medico specifico
L'unico modo per prevenire l'infezione è evitare di essere punti dalle zanzare vettore. I residenti o i viaggiatori in un Paese in cui il virus è presente, possono adottare misure di protezione coprendo la pelle esposta con abbigliamento adeguato (maniche lunghe e pantaloni lunghi) soprattutto nelle ore in cui la zanzara circola (dall'alba al tramonto), usare repellenti, adottare barriere fisiche (zanzariere a porte e finestre) e pernottare in luoghi protetti da zanzariere. 

A titolo precauzionale, gli esperti raccomandano a tutte le donne in stato di gravidanza o che non escludono a breve il concepimento:
- di valutare la possibilità di rimandare programmi e piani di viaggio nei Paesi colpiti dalla trasmissione del virus; 
- se il viaggio non è rimandabile, adottare le misure di protezione individuale contro le punture di zanzara; 
- ritornando da viaggi in aree a rischio, dare subito notizia del viaggio nel corso delle visite prenatali, al fine di poter essere valutate e monitorate in modo appropriato.

Dove è presente il virus Zika?

Secondo gli ultimi dati divulgati, a febbraio 2022, dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ci sono state evidenze di trasmissione vettoriale autoctona del virus Zika in un totale di 89 Paesi e territori. In particolare la trasmissione del virus è stata rilevata in tutti i paesi del Nuovo Mondo, ad eccezione del Cile continentale, dell'Uruguay e del Canada.
A livello globale, 61 Paesi e territori hanno prove certe della presenza ormai consolidata del vettore Aedes aegypti ma non hanno ancora documentato la trasmissione di ZIKV. Pertanto, esiste ancora il rischio potenziale che ZIKV si diffonda in altri paesi. È anche possibile che alcuni di questi Paesi abbiano o abbiano avuto una trasmissione che non è stata ancora rilevata o segnalata.

Cosa si può fare per evitare la trasmissione del virus Zika per via sessuale?

Per le possibili gravi conseguenze di un'infezione contratta in gravidanza, particolari precauzioni vanno prese da tutte le coppie che intendono avere un figlio. In particolare, chi ha viaggiato in uno dei Paesi a rischio, al rientro non dovrebbe avere rapporti non protetti per almeno 3 mesi per gli uomini e 2 mesi per le donne.
Nel 2020, l'OMS ha aggiornato le Linee guida per la prevenzione della trasmissione sessuale del virus Zika.

Le donne possono trasmettere il virus Zika ai loro feti durante la gravidanza o alla nascita?

. Il virus Zika può essere trasmesso da una donna in stato interessante al feto durante la gravidanza (trasmissione congenita) o in prossimità del parto (trasmissione perinatale).
La trasmissione congenita o intrauterina si verifica quando una donna contrae l'infezione da virus Zika durante la gravidanza prima del parto, e il virus passa al feto. Il virus Zika è altamente neurotropico e può quindi interferire con lo sviluppo fetale sia direttamente, infettando il cervello, o indirettamente, infettando la placenta.
La trasmissione perinatale si verifica quando una donna contrae l'infezione da virus Zika entro approssimativamente due settimane dal parto ed il virus passa al neonato al momento, o in prossimità, del parto.

Il virus Zika è una causa di microcefalia e sindrome di Guillain-Barré?

. Nel maggio 2016, sulla base di una revisione sistematica della letteratura, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha concluso che l'infezione da virus Zika può essere una delle cause della microcefalia ed è un fattore scatenante della sindrome di Guillain-Barré nell'adulto.
Anche nel 2019, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) conferma che l'infezione da ZIKV continua a comportare il rischio di sindrome di Guillain-Barré e di esiti avversi della gravidanza, tra cui un aumento del rischio di parto pretermine, morte fetale, nati morti e malformazioni congenite collettivamente definite come sindrome congenita da virus Zika, tra cui microcefalia, sviluppo anormale del cervello, anomalie degli occhi, calcificazioni intracraniche e altre manifestazioni neurologiche.

Esistono altre spiegazioni per la microcefalia e la sindrome di Guillain-Barré?

. La microcefalia congenita e le altre anomalie neonatali possono avere anche altre cause, fra cui disturbi genetici (anomalie cromosomiali), craniosinostosi, anossia cerebrale, esposizione della madre durante la gravidanza a fattori quali alcol, mercurio, radiazioni, grave malnutrizione o altre infezioni (come citomegalovirus, herpes simplex, rosolia, coriomeningite linfocitaria, varicella, sifilide e toxoplasmosi). Anche la sindrome di Guillain-Barré è una malattia autoimmune che può essere attivata da altre infezioni specifiche. 

Esiste una connessione tra virus Zika, anomalie cerebrali (diverse dalla microcefalia) e altri disordini neurologici?

. È stato osservato che l'infezione congenita da ZIKV può essere associata con un'ampia gamma di anomalie cerebrali, fra cui sproporzione craniofacciale, calcificazioni intracraniche, atrofia e asimmetria cerebrale, struttura cerebrale anomala o assente, idrocefalo, disordini della migrazione dei neuroni. Sono stati, inoltre, segnalati i seguenti problemi neurologici: ipertonia, spasticità, iperreflessia, irritabilità, tremori, convulsioni, disfunzioni del tronco cerebrale, contratture degli arti e disfagia. Per quanto riguarda l'occhio, sono stati segnalati i seguenti problemi: microftalmia, sublussazione del cristallino, cataratta, calcificazioni intraoculari, atrofia del nervo ottico, ipoplasia del nervo ottico, degenerazione maculare, corioretinite maculare, atrofia corioretinica. Altre anomalie neonatali che sono state segnalate includono: cuoio capelluto eccessivo e ridondante, artrogrifosi (rigidità articolare) e talismo (flessione del piede che poggia solo sul calcagno).


Pagina aggiornata a marzo 2024. Link verificati il 7 marzo 2024.